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Sì, viaggiare/1

Partire è un po’ morire, dice il proverbio. Per una persona ansiosa non si tratta di saggezza popolare ma di una verità sacra. Il meccanismo si può riassumere grossolanamente così: partenza=distacco=paura=ansia.

Si comincia col pensarci, mesi prima. Naturalmente si deve trattare di un viaggio per andare lontani, possibilmente in aereo, possibilmente in altro continente. Nei mesi che precedono la partenza, ogni notizia di incidenti aerei diventa una minaccia personale. Se poi è una di quelle tragedie tipo “il pilota impazzisce e porta l’aereo a schiantarsi su una montagna” si arriva al delirio paranoide d’un balzo.

Si pensa. A tutto, cioè a tutto ciò che potrebbe rappresentare un problema: e se in aeroporto mi viene un attacco di panico prima della partenza? E se dopo il volo sono troppo stanco e svengo all’arrivo? E se mi perdono i bagagli? E se non riesco a farmi capire e non riesco a capire chi mi parla? (eccetera eccetera a seconda delle modalità del viaggio).

I preparativi, avviati mentalmente in quei mesi faticosi, vissuti sul filo dei nervi, cominciano nella realtà una settimana o dieci giorni prima. E partono dai dettagli, mai dai fondamentali tipo valigia e scarpe. Se si valuta che potrebbe far freddo, è bene andare ad acquistare qualche capo idoneo, se farà caldo meglio pensare subito a un cappello che pari il sole a picco. I supporti elettronici: carica batterie del cellulare, batteria della macchina fotografica. Documenti: passaporto, carta d’identità, patente, tessera sanitaria, password di bancomat, carta di credito, home banking. I supporti medici: aspirina e tachipirina, integratori di sali minerali (in estate), ansiolitico (of course). Se temi sia scaduto o non più efficace per il troppo tempo trascorso a giro per le tasche di pantaloni, giubbotti e zaini, via dal medico a farti una nuova prescrizione: l’ansiolitico deve essere bello fresco e potente, la benzodiazepina si deve poter gustare in tutte le sue sfumature, come a una degustazione di Brunello. Poi magari non servirà, ma se dovesse servire… l’essenziale è averlo a portata di mano. Sempre. E in perfette condizioni.

Quando arriva il momento di lasciare fisicamente casa, anche se per raggiungere la destinazione mancano ancora tre aerei, altrettanti aeroporti e 24 ore e passa di viaggio, il peggio è ormai dietro alle spalle. L’ansioso ha già vissuto tutto prima, ha già sofferto i disagi possibili e anche quelli più improbabili, ed ora è tutto concentrato, istante per istante, nel viaggio, stavolta quello vero. Rispetto a un viaggiatore non ansioso, è in netto vantaggio. Anche perché lo stato di allarme per eventuali imprevisti è per lui sempre a livello massimo, e quindi la reazione si rivela in caso di necessità ultraveloce e dritta al risultato.

I più fortunati, una volta decollato l’aereo, sentono salire pian piano dentro di sé il contrario dell’ansia: un gran senso di pace. “Sono partito, ma non sono morto!”.


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